Il sentiero che porta alla base della parete scende ripido in mezzo al bosco. Ogni albero ha una sua particolarità, radici affiorano ovunque dove la pioggia ha dilavato il terreno, ce n’è anche uno abbattuto che bisogna scavalcare. Poi salgo lungo la parete e dall’alto i singoli alberi diventano un insieme, un unico organismo che conquista tutto lo spazio disponibile tra il torrente e le rocce. Mi ricorda praterie di alghe multicolori mosse dalle correnti nei fondali dell’Egeo. Mi ricorda iridi illuminate dal sole. Se fossi ancora molto più in alto potrei guardare l’umanità non più considerando ogni singolo individuo ma l’insieme, come una muffa che invade i continenti, come una malattia che distrugge foreste e animali. E se poi potessi guardare questo universo che si contrae come un essere vivente, attraversato da onde gravitazionali, scosso da esplosioni di stelle e scontri tra galassie, chissà se potrei capirne il senso. Ma la capacità del mio cervello non è sufficiente, i miei sensi imperfetti e limitati non possono cogliere la realtà che va ben al di là di essi.
Chicco si interessa di ciò che vede ma sono certo che ha pensieri che vanno più in là, anche lui ha ricordi da elaborare, ha sogni e desideri.
Volare, si volare sarebbe bellissimo, dispiegare grandi ali, scavalcare i monti e con una scivolata d’ala andare a sfiorare le onde di quel mare antico.
Libero viene a cercare la mia compagnia una volta sistemato il gregge al sicuro, non vuole altro che un’amicizia silenziosa, un’unione ancestrale. Poi viene la notte e ognuno ha i suoi fantasmi. Ognuno cerca un suo equilibrio in quel breve istante che è la vita.